Pensione integrativa: cos'è, come funziona, esempi

Pensione integrativa: scopri cos'è, come funziona e quando conviene e quanto versare al mese. La guida Banco di Sardegna sulla previdenza complementare.

 

La pensione integrativa o complementare è il secondo pilastro del sistema pensionistico italiano. Si chiama secondo pilastro perché il primo è la pensione tradizionale che viene pagata versando i contributi, detta nello specifico previdenza di base obbligatoria.

 

Chi sceglie la pensione integrativa lo fa per avere una sicurezza economica in più una volta che si smette di lavorare. Non sono obbligatori requisiti in base all’ISEE e la quota da versare mensilmente è a scelta del cliente, ma è necessario tenere in considerazione alcuni aspetti come gli anni di versamento, la percentuale di rendita del fondo e lo stipendio mensile.

 

Possono attivare una pensione integrativa tutti i tipi di lavoratori, autonomo, dipendente, occasionale; ma anche i disoccupati e coloro che sono in cassa integrazione. È possibile anche versare la pensione integrativa per conto di un famigliare.

 

Destinare una parte dei propri risparmi in uno fondo per avere la pensione integrativa al termine degli anni di lavoro può avere diversi vantaggi e inoltre, rispetto ad altre rendite, ha una tassazione agevolata che nel momento dell’erogazione cala con il passare degli anni.

 

Per i lavoratori dipendenti, infine, c’è la possibilità di non attingere ai propri risparmi ma scegliere di versare il proprio TFR.

Pensione integrativa: cos'è e come funziona

Quando si sceglie la pensione integrativa lo si fa per avere una sicurezza economica in più una volta che si smette di lavorare.

Dunque, quali lavoratori possono accedere alla pensione integrativa? Si tratta di quasi tutti i lavoratori: dipendenti, privati e pubblici; i soci e dipendenti di società cooperative di produzione e lavoro; autonomi e i liberi professionisti; persone che svolgono lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari; lavoratori con un'altra tipologia di contratto (ad es. un lavoratore a progetto o occasionale).

I soldi versati mensilmente vengono accantonati da parte della banca o istituto a cui si rivolge in fondi regolamentati per legge. Sono di vario genere e si distinguono in:

  • I fondi chiusi (art. 3 del D.lgs. 252/2005) di origine "negoziale", sono forme pensionistiche complementari istituite dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell'ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale.
  • I fondi aperti (art. 12 del D.lgs. 252/2005) sono forme pensionistiche complementari istituite da banche, imprese di assicurazioni, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM).
  • I Piani pensionistici individuali (PIP) (art. 13 del D.lgs. 252/2005), rappresentano i contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziale. Le regole che li disciplinano non dipendono solo dalla polizza assicurativa ma anche da un regolamento basato sulle direttive della COVIP. Lo scopo è garantire all'utente gli stessi diritti e prerogative analoghi alle forme pensionistiche complementari.
  • I fondi pensione preesistenti. Si tratta dei fondi pensione già esistenti al 15 novembre 1992, ovvero prima del Decreto legislativo del 21 aprile 1993, n. 124 (provvedimento abrogato dal D.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252) che ha istituito la previdenza complementare. Questi fondi hanno caratteristiche proprie che li distinguono dai fondi istituiti successivamente. Possono, ad esempio, gestire direttamente le risorse senza ricorrere a intermediari specializzati. Si tratta di Fondi collettivi per i quali l'adesione dipende da accordi o contratti aziendali o interaziendali.

Quando si sceglie la pensione integrativa lo si fa per avere una sicurezza economica in più una volta che si smette di lavorare.

Dunque, quali lavoratori possono accedere alla pensione integrativa? Si tratta di quasi tutti i lavoratori: dipendenti, privati e pubblici; i soci e dipendenti di società cooperative di produzione e lavoro; autonomi e i liberi professionisti; persone che svolgono lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari; lavoratori con un'altra tipologia di con Leggi di più

            

La pensione integrativa conviene?

La risposta alla domanda se conviene la pensione integrativa è: dipende da diversi fattori. Ciò che è fondamentale per la pensione integrativa non è l’ISEE, ma la busta paga mensile; inoltre, attivare una pensione integrativa a 50 anni può essere oneroso e per certi aspetti inutile.

Tuttavia, ci sono delle considerazioni oggettive che fanno intendere perché la pensione integrativa possa essere conveniente.

Il piano di accumulo della pensione integrativa non è vincolante ed è molto flessibile. Il contratto sottoscritto all’atto dell’adesione è modificabile nel tempo e lo si può adeguare alle esigenze personali qualora cambiassero; il comparto finanziario è direttamente proporzionale all’orizzonte contributivo; è ammessa la possibilità di cambiare fondo scegliendo liberamente dove trasferire la propria posizione pensionistica decorsi due anni dal momento dell’iscrizione; in determinati casi, si può attingere a quanto accumulato prima della scadenza degli anni.

La somma versata è fortemente tutelata: non può essere pignorata o sequestrata; non può essere toccata in caso di fallimento del gestore; in caso di morte, la somma accumulata è destinata agli eredi.

C’è un altro aspetto poco noto, cioè la possibilità di avere in anticipo la pensione integrativa. È ovvio pensare che la pensione integrativa maturata venga erogata solo al termine degli anni concordati per il versamento nel fondo pensione. Invece, è possibile richiederla in anticipo grazie alla cosiddetta RITA, rendita integrativa temporanea anticipata, cioè l’erogazione di una somma in denaro che si può richiedere alla propria forma di previdenza complementare. Quindi in caso di perdita di lavoro anticipata, raggiungimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia si può chiedere di ricevere in anticipo il capitale maturato, che viene rimborsato in rate a partire dall’accettazione della richiesta e fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia

Infine, c’è varietà di scelta sul tipo di comparto finanziario in cui destinare che può essere:

  • obbligazionario (prevalenza di titoli obbligazionari);
  • azionario (prevalenza di titoli azionari);
  • misto (bilanciato tra titoli azionari e obbligazionari);
  • garantito (garanzia della restituzione del capitale versato ed eventualmente anche di un rendimento minimo).

Su quest’ultimo punto c’è da fare una riflessione attenta. Perché più il giorno della pensione è lontano, più conviene investire in titoli azionari, i quali offrono rendimenti più alti nel lungo termine.

                 

Pensione integrativa: quanto versare al mese

Allora quanto versare mensilmente per avere una pensione integrativa adeguata?

Dipende anche da quanto il lavoratore intende versare. In linea di massima, un versamento mensile inferiore ai 150 euro può essere una soluzione non conveniente. Anche con un buon rendimento del fondo in cui si sceglie di destinare la pensione integrativa, infatti, privarsi mensilmente di tale cifra può essere inutile per l’economia famigliare visto che poi ci si ritroverebbe poco di pensione integrativa. Ne parleremo più approfonditamente nel prossimo paragrafo.

Nel calcolo della cifra da versare, in ogni caso, vanno tenute in considerazione soprattutto queste variabili: il periodo di versamento come già detto; il tasso di rendimento del fondo pensionistico; l’età anagrafica della pensione; l’aliquota del versamento.

Come calcolare la pensione integrativa

In base a quanto detto nel paragrafo precedente, proviamo a fare alcune simulazioni per genere e tipo di lavoro (autonomo o dipendente), con un lavoratore di 35 anni d’età che abbia iniziato a versare i contributi presso la previdenza di base obbligatoria nel 2017; si ipotizzi una cifra mensile da versare per la pensione integrativa di 200 euro (abbiamo detto 150 euro potrebbero essere pochi).

Nel caso di un lavoratore uomo o donna dipendente con uno stipendio di 1.500 euro netti mensili, l’anno di pensionamento sarebbe il 2057. Ad allora, la pensione pubblica netta mensile sarà pari 1.762 euro ai quali si aggiungeranno 338 euro di pensione integrativa. Quindi, la pensione totale sarà di 2.100 euro netti al mese.

Invece, per un lavoratore uomo o donna autonomo le cifre cambiano. In questo caso, teniamo in considerazione il reddito annuale lordo, visto che c’è la possibilità che con questo stato occupazionale non ci sia un’entrata fissa mensile.

Quindi, se il reddito è di 30.000 euro lordi all’anno, il pensionamento sarebbe sempre nel 2057 ma la cifra da versare diventa di 300 euro per avere poi una pensione pubblica di 1.670 euro netti e una pensione integrativa di 511 euro.

Come calcolare la pensione integrativa

In base a quanto detto nel paragrafo precedente, proviamo a fare alcune simulazioni per genere e tipo di lavoro (autonomo o dipendente), con un lavoratore di 35 anni d’età che abbia iniziato a versare i contributi presso la previdenza di base obbligatoria nel 2017; si ipotizzi una cifra mensile da versare per la pensione integrativa di 200 euro (abbiamo detto 150 euro potrebbero essere pochi).

Nel caso di un lavoratore uomo o donna dipendente con uno stipendio Leggi di più

                  

Pensione integrativa è deducibile? Tassazione e detrazioni

La pensione integrativa non è un peso per il contribuente perché la tassazione è agevolata a differenza delle altre forme di investimento o di risparmio, proprio perché è pensata per essere un ausilio alla pensione di primo livello. In fase di versamento della pensione integrativa, la tassa è del 20%.

Quando poi la pensione integrativa verrà erogata, la tassazione è del 15% che successivamente calerà progressivamente al 9% dopo il quindicesimo anno.

Si tratta, comunque, di cifre relativamente basse visto che, ad esempio, le aliquote Irpef vanno dal 23% al 25%. Tuttavia, la pensione integrativa è deducibile dalla dichiarazione dei redditi e durante il periodo in cui si versano i contributi è possibile dedurre fino ad un limite annuale massimo di 5.164,57 euro.

Versare il TFR nel fondo pensione

Per i lavoratori dipendenti è possibile versare il proprio TFR nel fondo pensione. Il TFR, trattamento di fine rapporto, comunemente noto come liquidazione, è la somma calcolata annualmente sulla retribuzione lorda di ciascun dipendente e accantonata dal datore di lavoro che verrà versata al dipende quando il rapporto lavorativo con l'azienda sarà terminato.

Quali sono le opzioni possibili con il TFR:

  • destinare le quote di TFR ancora da maturare ad una forma pensionistica complementare;
  • lasciare il TFR presso il datore di lavoro;
  • non decidere nulla. In questo caso il datore di lavoro trasferisce il Tfr maturando alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, salvo accordi aziendali diversi. Nel caso di presenza di più forme pensionistiche, il TFR è trasferito, salvo diverso accordo aziendale, al fondo pensione al quale ha aderito il maggior numero di dipendenti. In assenza di forme pensionistiche integrative collettive di riferimento, il datore di lavoro deve trasferire il Tfr maturando alla forma pensionistica complementare istituita appositamente presso l'INPS (FONDINPS) (art. 9 del D.lgs. 252/2005);
  • destinare il TFR futuro alla previdenza complementare anche in un secondo momento. Il TFR maturato resta accantonato presso il datore di lavoro e sarà liquidato al momento della risoluzione del rapporto di lavoro.

Un aspetto conveniente della scelta di versare il TFR nel fondo pensione è la tassazione: la somma non viene tassata subito, ma quando il lavoratore lo riceverà come prestazione allo stesso modo di quando e la tassazione varia da un massimo del 15% a un minimo del 9% in base al numero di anni di iscrizione alla previdenza integrativa.

Versare il TFR nel fondo pensione

Per i lavoratori dipendenti è possibile versare il proprio TFR nel fondo pensione. Il TFR, trattamento di fine rapporto, comunemente noto come liquidazione, è la somma calcolata annualmente sulla retribuzione lorda di ciascun dipendente e accantonata dal datore di lavoro che verrà versata al dipende quando il rapporto lavorativo con l'azienda sarà terminato.

Quali sono le opzioni possibili con il TFR:

  • destinare le quote di TFR ancora da maturare ad una forma Leggi di più

La pensione integrativa Banco di Sardegna

Banco di Sardegna fornisce ai propri clienti la possibilità di attivare una pensione integrativa presso le proprie filiali grazie alla partnership con il Fondo Pensione Aperto Arca Previdenziale.
 

È possibile aderire in tre diversi modi: con TFR, senza TFR e in adesione collettiva.
 

La soluzione offerta da Banco di Sardegna per la pensione integrativa è conveniente perché è deducibile durante gli anni di accumulo e l’aliquota è del 20%. In fase di erogazione della pensione, poi, la tassazione si abbassa con il passare degli anni.

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